Il film scritto e diretto da Joshua Sinclair racconta l’itinerario culturale e umano di Edith Stein, la grande intellettuale assassinata ad Auschwitz dai nazisti e canonizzata da Giovanni Paolo II nel 1998. Nelle pagine della sceneggiatura, accompagnate dalle fotografie di Vittorio Storaro, emergono la spiritualità, l’umanità e il travaglio interiore della protagonista, il “passaggio” al cattolicesimo e la consapevolezza di appartenere al popolo ebraico e a quello cristiano. L’introduzione di Francesco Alfieri documenta l’accuratezza filologica del testo di Sinclair e la sua coerenza con i principi alla base del pensiero filosofico e pedagogico di Edith Stein: la centralità della persona e la ricerca della verità nella apertura alla relazione e alla alterità.
«Dalla oscurità alla luce, dal nero... al bianco, donando una tonalità cromatica a ognuno dei momenti della vita di Edith Stein. Rosso/Arancio/Giallo/Verde/Azzurro/Indaco/Violetto... dal corpo allo spirito»(Vittorio Storaro).
John Steinbeck (1902-1968), Nobel per la Letteratura nel 1962, è stato uno straordinario testimone della storia degli Stati Uniti dal primo Dopoguerra al conflitto del Vietnam. Molte sue opere, da "Furore" alla "Valle dell'Eden", sono pilastri della letteratura del Novecento che hanno conosciuto indimenticabili trasposizioni cinematografiche. Questa biografia lo presenta nel contesto del suo tempo, ma con uno speciale zoom sul suo quotidiano, sui suoi sogni, ma anche sugli errori e le sofferenze della sua anima inquieta.
Autobiografia dell'amica e compagna di vita, autobiografia di se stessa in conto terzi, autobiografia di un gruppo di artisti e intellettuali che hanno cambiato la cultura del Novecento. Con quest'opera Gertrude Stein ha scritto tre libri in uno, identificandosi nell'amica, distanziandosi da se stessa (e oggettivandosi), ma soprattutto disegnando l'affresco più affascinante della Parigi artistica e letteraria dell'inizio del secolo fino ai primi anni Trenta: Braque, Matisse, Hemingway, Cocteau e tutti gli altri. E ovviamente Picasso, la sua migliore «invenzione».
Miss Stein era stato il primo motore immobile della nuova letteratura americana, ma non fu mai capace di rendere i suoi coraggiosi esperimenti stilistici - «Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa» - accessibili al grande pubblico.
Per questo la sua produzione rimase divisa in due parti nettamente distinte: da una parte lo slancio cubista di libri come Teneri bottoni e dall'altra i libri come l'Autobiografia in cui scendeva drasticamente a compromessi con i suoi ideali di rottura. Eppure il successo le era arrivato solo con quell'autoritratto ironico e acuto, per cui aveva posato senza saperlo tutta quella che lei aveva ribattezzato «la generazione perduta». Dalla prefazione di Giuseppe Scaraffia